Avanti tutta sulla legge elettorale. Matteo Renzi torna da Parma dopo la visita a Pierluigi Bersani e si rituffa nella sua agenda politica. Il segretario del Pd non arretra di un passo, soprattutto sull'interlocuzione con Forza Italia, mal vista a Palazzo Chigi. L'attesa è concentrata su un vertice che il partito di Silvio Berlusconi terrà domani sul sistema di voto.
Matteo Renzi parte da Firenze alla volta di Parma pensieroso per le condizioni di salute di Pierluigi Bersani, ma confortato dagli sviluppi del dibattito interno al Pd. Le dimissioni di Stefano Fassina dal ruolo di viceministro dell’Economia del governo Letta sono un caso ‘superato’ per il segretario del Pd. Non è un modo per mancare di rispetto a Fassina, che è ancora arrabbiato per quel ‘Fassina chi?’ pronunciato dal sindaco, ma semplicemente una inevitabile opera di annotazione delle spaccature interne alla minoranza anti-Renzi nel partito. Il segretario del Pd registra insomma la presa di distanza dei Giovani Turchi dalla scelta del bocconiano e la considera un buon viatico per la direzione nazionale del partito fissata per il 16 gennaio prossimo. Ma intanto c’è una scadenza più imminente che capta l’attenzione di Renzi: il vertice di Forza Italia sulla legge elettorale, previsto per domani.
Il segretario lo mette in chiaro ogni volta che può. Lo ha fatto per esempio sabato scorso alla conferenza stampa dopo la riunione della segreteria a Firenze: “Forza Italia resta interlocutore del Pd sulla riforma elettorale”. E pazienza se la cosa fa sobbalzare umori ed equilibri a Palazzo Chigi. Quindi, dopo i contatti avuti con il partito di Silvio Berlusconi da parte dell’emissaria renziana Maria Elena Boschi, si attende di capire cosa emergerà dal vertice dei forzisti domani. Al quartier generale del sindaco, l’esito di questa riunione viene considerato decisivo per disegnare il resto della strategia, la trattativa con Angelino Alfano e con il premier Enrico Letta.
Anche in attesa del vertice dei forzisti – a quanto sembra, si sarebbero detti interessati al modello spagnolo che risulta particolarmente sconveniente per una piccola forza politica come il Ncd di Alfano – nell’agenda del sindaco-segretario non ci sono ancora incontri con Letta o con Alfano. Molto probabilmente per questi appuntamenti si dovrà aspettare almeno la settimana prossima, quando la Corte Costituzionale diffonderà le motivazioni della sentenza anti-Porcellum di dicembre. "L'8 gennaio - chiarisce il presidente della Prima Commissione della Camera, Paolo Sisto, deputato di Forza Italia e relatore sulla legge elettorale - la commissione Affari costituzionali definirà le date delle audizioni chieste dai gruppi sulla legge elettorale. Gli appuntamenti saranno molto scarni in considerazione di quanto già fatto al Senato, perché non buttiamo nel cestino il lavoro compiuto. Poi inizierà la discussione, con la consapevolezza che prima della pubblicazione delle motivazioni della Corte Costituzionale non si potrà completare l'esame". Intanto, Renzi conferma la linea: avanti tutta su ‘job act’, legge elettorale e anche unioni di fatto, in una strategia di ‘stress test’ per il governo mirata a ottenere risultati nel più breve tempo possibile.
Certo, il leader Dem è consapevole che Berlusconi vuole la caduta del governo e le elezioni a maggio con le europee, come condizione per firmare un accordo sulla legge elettorale. Ma resta convinto che trattare col ‘nemico’ sia il miglior modo per mettere alle strette il governo e la parte più filo-governativa del Pd. "L'accordo sulla legge elettorale non si fa a colpi di maggioranza - dice Boschi al Tg3 - Berlusconi resta un avversario, ma ci interfacceremo con Forza Italia come con gli altri partiti". Il segretario poi giudica confortanti le notizie arrivate dalla variegata minoranza che alle primarie faceva capo a Gianni Cuperlo, ora presidente del Pd. Non per una volontà di isolare a tutti i costi i bersaniani, fanno sapere dall’entourage del sindaco, ma per una questione oggettiva: nella minoranza non tutti stanno con Fassina, i Giovani Turchi non hanno compreso la scelta delle dimissioni e lo stesso Cuperlo è convinto che se il governo non riuscirà a portare a casa risultati a breve “è meglio tornare al voto”.
Grasso che cola per il fronte renziano alle prese con gruppi parlamentari che in maggioranza non sono diretta espressione del segretario, magari esprimono più la vecchia guardia bersaniana, al timone quando furono compilate le liste per le scorse elezioni. Il fatto che all’ospedale di Parma Renzi e Fassina non si siano nemmeno incrociati dà il senso di questa situazione. Per la trasferta parmense, pensata già ieri, il segretario ha preferito tenersi in contatto con Vasco Errani, da sempre tramite con Bersani, fin dai tempi delle primarie 2012. E poi con il segretario regionale emiliano, Stefano Bonaccini, ex bersaniano, ora renziano responsabile Enti locali della nuova segreteria. La visita all’ospedale è stata voluta però proprio per sottolineare che il Pd “è una comunità”, anche a guida Renzi. Ma sul resto il segretario non arretra. Quel "'Fassina chi?' non è stata assolutamente un'offesa. Era una battuta e Renzi non rinuncerà alle battute - chiarisce la Boschi al Tg3 - Un viceministro si dimette se ha motivi di dissenso forte con il governo, se non riesce a portare a casa risultati nell'interesse dei cittadini, non se vuole fare il leader dell'opposizione interna. A questo punto è un problema di Orfini, Cuperlo...".